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A DOHUK L’ULTIMA TAPPA DELLA MOSTRA SULLE MISSIONI ARCHEOLOGICHE ITALIANE NEL KURDISTAN IRACHENO

Fotone Archeo Duhok

Dopo le tappe di Erbil e Sulaymaniyah, la mostra dedicata alle missioni archeologiche italiane nel Kurdistan iracheno, organizzata dal Consolato Generale d’Italia, si è spostata a Duhok, presso il Museo Nazionale, dove resterà aperta al pubblico fino al prossimo 24 ottobre. A tagliare il nastro, il 19 settembre, il Console Generale Michele Camerota, il Governatore Ali Tatar e il Direttore delle Antichità Bekas Brefkani, innanzi ad una significativa partecipazione di giornalisti. Presenti anche il Prof. Morandi-Bonacossi, Direttore della nota missione Parten dell’Università di Udine e la Prof.ssa Tonghini, Direttrice della missione dell’Università Ca’ Foscari di Venezia a Tell Zeyd che, nelle prossime settimane, si coordineranno per organizzare delle visite alla mostra con le scolaresche locali.

Il Console Camerota ha esordito dicendo che “a Dohuk concludiamo un percorso ambizioso cominciato lo scorso mese di aprile ad Erbil e poi proseguito a Sulaymaniyah. Un progetto importante e impegnativo per il Consolato, ma fortemente voluto e realizzato grazie all’eccellente collaborazione con le missioni italiane e le controparti locali. L’archeologia rappresenta il migliore esempio della collaborazione culturale e scientifica con la Regione curda e con l’intero Iraq, di cui l’Italia detiene il primato, con oltre 20 missioni, di cui ben 11 nel solo Kurdistan. La scelta di chiudere il ciclo della mostra a Dohuk rende omaggio ad un governatorato dove sono presenti ben 6 degli 11 progetti di scavi e ricerca condotti dalle Università italiane in un momento dell’anno in cui sono decine i nostri archeologi presenti sul campo”. Il nostro contributo – continua il Console – coinvolge il Sistema Italia nelle sue varie componenti con un forte impegno della Farnesina che, sotto l’impulso e i finanziamenti della Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica, conta anche su contributi erogati dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo”. Camerota ha infine ringraziato le comunità locali per la calorosa accoglienza che riservano agli archeologi, le autorità e le forze di sicurezza curde per la costante attenzione e decisivo supporto che forniscono.

Il Governatore Tatar, storico di formazione, ha ricordato che sono oltre 1.400 i siti di interesse censiti nella regione e ha poi espresso grande apprezzamento per le attività degli archeologi italiani, intese alla preservazione e valorizzazione di questo inestimabile patrimonio e che “contribuiscono a rafforzare i solidi legami di amicizia con il Kurdistan iracheno e con la popolazione a vario titolo coinvolta, affermando il valore della cultura come volano di attrazione turistica e creazione di lavoro, grazie anche un impatto economico immediato che i progetti hanno sulle comunità locali”.

Il Direttore delle Antichità Brefkani ha elogiato “la radicata presenza italiana nel governatorato e ricordato l’apertura del primo Parco archeologico dell’Iraq a Faida, nell’ottobre del 2022, cui ha fatto seguito l’inaugurazione dell’altro segmento di Khinis, dove l’Università di Udine ha riportato alla luce dei favolosi rilievi rupestri del tempo assiro e il sistema di irrigazione concepito al tempo di Re Sennacherib (VII a.C.)”.

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La mostra sarà aperta al pubblico fino al prossimo 24 ottobre. Consiste in 31 pannelli fotografici con didascalie in tre lingue (italiano, curdo e inglese) e un apposito catalogo. Per approfondimenti si invita a consultare il sito dedicato: www.archeokri.it